
Pubblicato nel marzo 2025,edizioni Waves, “Feathers” segna un nuovo capitolo nella carriera internazionale di Simona De Rosa.
Simona qui attraversa mondi. In collaborazione con il trio polacco Confusion Project (Michał Ciesielski, pianoforte, Piotr Gierszewski, basso e Adam Golicki, batteria) si presenta affiatato: la sezione ritmica segue Simona con attenzione millimetrica, reagendo a ogni suo respiro, a ogni minima variazione timbrica o dinamica. Si percepisce un’intesa profonda, costruita nel tempo, come se ognuno sapesse di non poter esistere senza l’altro.
Il disco apre con “ Journey” un brano in costante evoluzione ritmica, che gioca sul contrasto tra il 6/8 e il 9/8, creando una tensione dinamica e irregolare che ci ricorda che quello che andremo ad affrontare sarà proprio un viaggio: energico, variopinto e intenso. Brano reso ancora più interessante grazie alle decisive collaborazioni del flauto di Valentina Bellanova e dell’infuocato violino di Aleksandra Denga.
Si prosegue con una profonda ma allegra dedica alla mamma, “Como Es”, in effetti un gioioso latin jazz ballabile ma senza sorvolare però sul senso delle parole, in spagnolo, che recitano “Mi piacerebbe prestarti i miei occhi affinché tu possa vedere come ti vedo io. Sei la luce che incanta il mio cuore.”
Guardando al cielo, si passa a “My Guiding Star” pregevole intermezzo corale, diciamo così, dovuto alla forte ed intesa presenza del coro le Bulgarian Voices Berlin che aprono il brano e accompagnano Simona in un incalzante performance che ci prepara a quello che verrà dopo…riflessione e preghiera.
“ Argeay Ya Alf Laila” eseguito assieme al musicista tunisino Ziad Trabelsi ed il suo oud (un tipo di liuto), brano di tradizione araba/mediorientale inizia impreziosito con una poesia di Ibn Arabi che silenziosamente e con raccoglimento ci racconta di un altro mondo.
Ed è qui che scopriamo piccole perle, “Alf Laila”, è proprio ispirata da “Le mille e una notte”non a caso gli scenari di steppe e deserti, stelle e luce lunare si aprono all’ascolto.. ci teniamo a sottolineare che questo brano è stato imparato grazie alla cantante Abeer Nehme,( soprannominata la voce delle civiltà, perché riesce a unire Oriente e Occidente nella sua musica, talento che Simona incontra a Boston durante il Global Musician Workshop nel 2024.)
Segue “Simoneranza” un vero e proprio biglietto da visita tra scat e melodie ricamate in velocità, con variazioni ritmiche e armoniche in un crescendo di effervescente espressione creativa , offre la possibilità di capire come l’artista abbia negli anni ampliato sempre di più il suo linguaggio vocale, facendo tesoro di anni di confronto con persone e culture diverse.
Si giunge così ad un momento di calma, con un brano che profuma di standard anni 50, “Autumn in Beijing” – una ballad nostalgica, figlia del periodo in cui l’artista ha vissuto in Cina tra insegnamento e concerti.
Arriviamo verso la fine, il volo di“Golden Eagle”, ci apre a sonorità che incorniciano un orizzonte che sa di infinito. Uno splendido omaggio scritto da Simona, su una melodia tradizionale cinese, canzone riadattata a simboleggiare la libertà e la tolleranza. Un simbolo di forza interiore, un invito a guardare la vita con il cuore e la mente aperti. Si ispira all’aquila del Kazakistan e al volo del più famoso, almeno per noi, Gabbiano di Jonathan Livingston: entrambe sono immagini di resilienza e coraggio. È una canzone che, un po’ come il senso stesso dell’album, parla di superare i confini, di accogliere l’ignoto e di lasciarsi trasformare dal viaggio stesso.
Le contaminazioni orientali ci accompagnano alla chiusura del disco.
Insieme alla cantautrice kazaka, voce intensa e penetrante, Nasiafromasia, Simona sperimenta una rielaborazione di un brano della tradizione kazaka “Akhai Kerim”. Tutti questi suoni assieme creano paesaggi non solo sonori ma veri e proprio sogni di una natura accogliente, di umanità pacifica…ampi spazi che sanno di infinito, legami tra le voci che si rincorrono che ci riportano ad una realtà che ha del sacro, che parla di eternità e armonia.
Ogni brano vive di vita propria, con un’identità precisa e indipendente. “Feathers” è, appunto, come un insieme di piume: leggere, variegate, capaci di sfiorare l’ascoltatore con naturalezza e poi volare via, lasciandoci una sensazione di meraviglia sospesa.

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